Milan Bastašić,
April 12, 2011, Belgrade


Milan Bastašić nacque nel 1931, in Grubišno Polje, vicino a Bjelovar, Croazia. Suo padre e suo fratello erano tra i primi serbi ed ebrei portati a Jadovno logor.  Furono uccisi, gettati nelle foibe sulle montagne del Velebit.

Milan era prigioniero a
Jasenovac nel mese di ottobre e novembre 1942. Dei detenuti ebrei lo aiutarono a sopravvivere, mentre sua madre cercava aiuto, che venne dal covo del diavolo stesso, il quartier generale ustascia a Zagabria.  Li' lavorava una certa signora Zorić, che lo fece rilasciare, evitandogli una visita ai campi di morte di Gradina, dove tanti altri bambini furono uccisi.

Il Dr. Bastašić, un epidemiologo, vive a Belgrado fin dai tempi della guerra di secessione del 199i.  Il suo libro Bilogora i Grubišno Polje 1941-1991 narra la storia della sua famiglia e dei serbi, ebrei e rom della Bilogora-Bjelovar regione in Croazia, combinando le proprie esperienze e ricordi con ampie ricerche storiche.



Voices of Survivors

      
Resa in inglese dell'intervista, parafrasata e abbreviata:




PARTE 1 

Sono nato in una famiglia di classe media contadina. Mio padre era volontario sul fronte di Salonicco [nella prima guerra mondiale], per cui ottenne della terra dal Re Alessandro nel 1925. [1]  Poi  ereditò un terreno
 da suo padre; quindi eravamo relativamente benestanti.  C'erano tre di noi: il fratello, la sorella, e me.  Nel 1941, mia sorella andava a scuola a Grubišno Polje, mentre mio fratello aveva appena finito la scuola di fornaio a Bečej. E io vevo finito la scuola elementare. [2] 

 - Dove ha vissuto? 

Sono nato a Grubišno Polje, dove ho fatto la scuola elementare. Più tardi sono andato al ginnasio a Daruvar ... 

- Mi dica per favore i nomi dei suoi familiari e mi spieghi dove si trova la città di Grubišno Polje.

Grubišno Polje è ... nella Slavonia occidentale ... Il nome di mio padre era Luka, mia madre era Evica, mio fratello era Stevan, mia sorella era Jovanka. 

- Vi ricordate l'inizio della guerra? 

Sì, lo ricordo molto bene, purtroppo, molto bene ... A quel tempo nella parte alta del paese c'era una radio, che apparteneva ad un sarto chiamato Smole.  Ogni sera, non importa che tempo era, e in aprile e marzo c'era abbastanza neve e pioggia, andavamo ad ascoltare la radio.  C'erano sempre tante persone, soprattutto ortodossi [Serbi], in piedi sotto il portico ... Il graffito "ZAP" apparve sui muri... dissero che era l'acronimo di "Živeo Ante Pavelić" - "Viva Ante Pavelić" 

... quando cominciò la guerra, alcuni calpestavano le immagini del re Pietro ... Stavo portando del latte ad dei vicini di casa, che erano cecoslovacchi, e sentì un ex poliziotto che disse: "D'ora in poi non ci lucideremo gli stivali col "Biks" [4], ma con sangue serbo"...alcuni della Guardia Croata arrivarono coi loro tricolori e fucili...e uno di loro disse: "Levate i cavalli dal carro, non portate le munizioni al fronte... i tedeschi hanno battuto la vostra cavalleria." E gli ufficiali [dell'Esercito Jugoslavo] non dissero una parola. 

... poi abbiamo sentito che i soldati dalla Bosnia e dalla Serbia erano in fuga attraverso le montagne di Bilogora verso le loro case, e le famiglie ortodosse facevano pane da dare ai soldati in fuga...E poi ci fu un periodo di pace ... mio fratello venne a casa da Bečej...
 
... la prima formazione armata che apparve era la Guardia Croata de Partito Contadino. Questi erano di Maček, e usavano fare esercizi nel cortile della scuola, con bastoni [invece di fucili], anche prima, al tempo del Regno di Iugoslavia.  Alcuni di loro avevano armi da fuoco.  Ma nel 1941, furono i primi ad entrare in scena, non c'erano ancora ustascia, e questi della Guardia Croata disarmavano i soldati dell'esercito iugoslavo come si ritiravano dalla Podravina a sud, verso Daruvar ...presero anche in ostaggio alcuni soldati.
 
-Allora, quello era il braccio armato del Partito Contadino? 

Sì, il Partito Contadino croato, guidato da Maček. Più tardi, il comando e poi tutti gli altri, cambiarono ... son diventati ustascia, mettendosi in uniforme ustascia.  Ma a Grubišno Polje esisteva anche un nucleo ustascia, all'interno dell'associazione civica chiamata Eroi Croati, guidati dal parroco, Pero Sivljanović.  Quello era il nucleo ustascia che in seguito fu ampliato con la Guardia Croata del Partito Contadino. Ai loro ranghi si aggiunsero tutti quelli, come si usava dire, "ragazzi in difficoltà" ... 

... gli ustascia arrivarono per la prima volta, ustascia e poliziotti da Zagabria...la notte, tra il 26 e 27 aprile, 1941. C'era rumore nel corridoio ... "Aprite, o si spara!"  Mio padre si alzò ... e riuscì ad aprire la porta prima che la buttassero giù'... forse 5-6 di loro con le baionette fissate entrarono.
-"Mani in alto!" - E alzò le mani. 
-"Dateci le armi!" 
-"Non ho armi, ero stufo di portarle per quattro anni di guerra [5]" 
Poi hanno messo la casa sottosopra ... E, infine, ordinarono [a mio padre e mio fratello] di vestirsi. Gli abiti erano bagnati, come erano andati per legna nel bosco ed era tornato bagnati fino alle ossa. 

... quando hanno lasciato la casa, mia madre scostò le tendine dalla finestra, e vide una colonna molto lunga, la sua fine era qui davanti alla nostra casa, e lei non poteva vedere il suo inizio alla casa di Brzin, un vicino. Poi abbiamo saputo che li legavano assieme, e poi tutti erano legati ad altri due con una catena o una corda.

In quel momento la mia povera madre, come mi disse più tardi, comprese che tutta la sua famiglia dalla parte alta del paese doveva essere lì, suo fratello e suo figlio, e i figli di sua sorella, e mio zio che era suo cognato... Tutto questo fu confermato il giorno dopo.  Avevano arrestato ... 504 serbi.

 In seguito li spinsero alla scuola scuola locale, dove venivano maltrattati, passando tra due file di ustascia, e costretti ad andare in in gabinetto dove venivano battuti, e così via. Il giorno dopo, essi furono portati alla stazione ferroviaria, e poi messi in vagoni merci.  Il giorno dopo era domenica,
 
La gente del paese arrivarono dopo la santa messa nella Chiesa cattolica, ce n'era un gran numero, che trovavano la cosa molto divertente. Le povere donne e le madri erano lì, a piangere di fronte ai vagoni... C'erano anche gli ustascia locali questa volta ... per lo più in abiti civili ... uno era a cavallo portando una carabina a tracolla, e altri lo applaudivano, mentre lui si pavoneggiava di fronte a quei vagoni... 

 In serata ... questo trasporto lasciò la città ... due mesi più tardi abbiamo sentito che sono in Koprivnica.  Le povere donne andarono lì, e portarono il bucato da lavare in casa ... sui pantaloni di Papà c'era una macchia di sangue... non andavano in treno a Grubišno Polje, ma a piedi attraverso le montagne Bilogora verso Špišić Bukovica.

Lì vivevano famiglie, gente che erano stati nostri grandi amici, croati, che venivano a Grubišno Polje ogni 13 settembre, per il Giorno del Nome di Maria, portando l'uva, pesche, miele, e così via [per la fiera in città]. Erano principalmente ospitati nelle case e nei cortili dei Serbi. Quando queste povere donne vennero dai loro "amici" chiedendo "Vuoi testimoniare" [che i nostri padri son buone persone, leali patrioti] risposero "Oh, questo non è permesso, queste sono le nuove autorità, ogni raccolto ha i suoi rifiuti". E questo era tutto, dai nostri cari amici ... 

All'inizio di giugno '41, abbiamo sentito che erano stati portati altrove. Hanno detto che sono stati portati in Germania...Ma a Gospić viveva un sarto, che era un lontano parente di mio nonno. Molto tempo fa era servitore nella sua casa, dopo essere divenuto orfano. Poi... fu mandato a imparare un mestiere.  Lavorava ora come sarto nella sala del Sarti di Gospić. Più tardi fuggì da lì ... e ci informò che la nostra gente era stata scortata per le strade di Gospić ... avevano riconosciuto in quella colonna alcune persone importanti della nostra città...quindi sapevamo che erano arrivati ​​a Gospić ..

PART 2
 
E non se n'è saputo più nulla. Non potrei dire quando le notizie sono venute che erano stati portati a un logor chiamato Jadovno [7]. Le nuove passarono da una famiglia a un'altra, "Jadovno, Jadovno, Jadovno"...Il 4 agosto, cominciò l'espulsione verso la Serbia delle famiglie serbe... Dall'area di Grubišno Polje circa 600 famiglie vennero espulse, piu' di 2.500 persone. Quella notte, i primi assassini ebbero luogo... alcuni vennero dai nostri vicini per pale e un piccone, e mia madre ha seppe la mattina dopo che Muškinja e Marko Jović, e Malbaša, e Mitar Domitrović erano stati uccisi, non so qual'era il nome del quinto.  E fecero i trasporti di famiglie alla Serbia.  Dopo ciò, c'era una specie di tregua. Ma c'era la paura costante...sentivamo che qualcuno è stato ucciso, qualcun'altro l'avevano portato via e nessuno sapeva dov'era, e così via... c'era sempre la paura. 

I vicini ci voltarono la schiena, sebbene si usava partecipare alle feste dei santi patroni dell'un l'altro, al Natale, alla Pasqua... Molti cechi cominciarono a chiamarsi tedeschi... marciavano, cantando canzoni in tedesco... Alcuni di loro entrarono negli ustascia.  Nelle case serbe delle famiglie espulse, c'erano dei coloni, ustascia dall'Erzegovina e Zagorje, e dalla Dalmazia occidentale; e dicevano che avevano massacrato già i loro propri serbi, e che queste case erano la loro ricompensa per le loro azioni.  Alcuni di loro portavano fucili e portavano i beretti ustascia coi loro vestiti civili, altri erano in uniforme ustascia... 

...C'era la paura... quando qualcuno passava sotto la finestra, avevamo già dei marciapiedi nella nostra città, quando qualcuno passava, tutti si svegliavano... non si poteva chiedere nulla a nessuno... Le donne non osavano andare al negozio all'angolo a comprare nulla, ma quando una ci andò--questo dettaglio potrebbe essere improprio per pubblicazione--un negoziante le disse: "Per te, Valacca, [9] non c'è sale, pisciaci sopra e leccalo!"... così non avevamo sale per il pane..." 

-E lei personalmente, come bambino, ha visto qualcosa del genere? 

Bene, andavo alla casa da scuola ed incontro Milka.  Suo zio era un ustascia zelante e poi sanguinario.  Milka era una specie di dirigente del gruppo giovanile ustascia locale e se mi incontrava diceva: "Allora? Marširala, marširala?" [10]  Io stavo zitto, chinando la testa, e passavo.  Prima della guerra una divisione religiosa era apparsa a scuola. Ritornando da scuola, i bambini cattolici andavano da un lato della strada e i bambini serbi [ortodossi] dall'altro lato.  E cantavamo: "Marciarono, marciarono, la Guardia di Re Pietro" e quando si veniva al verso "la battaglia che facciamo", gridavamo, "per la libertà della Serbia!" Ma quelli gridavano, "per la libertà della Croazia". Ma abbiamo cantato la stessa canzone, la Guardia del Re Pietro, perché tutti i bambini son bambini. 

Poi, quel 26 aprile--il giorno in cui gli uomini furono portati via--ritornavo dal centro di città. Ricordo il cielo, con le lunghe nuvole bianche come un campo arato [cirri], quando incontro due dei miei compagni di classe. Al centro quella folla celebrava l'arresto dei nostri uomini e i miei compagni mi chiesero, "E tuo papà, è anche lui lì?"  Restai zitto e andai avanti. 

Poi, a scuola, c'era Jovan  Đuroković, un insegnante ustascia.  Ero fra gli studenti migliori; non direi che ero il migliore finché Njegovan Kljajić non fu espulso in Serbia. E quello [l'insegnante] fece una domanda a un allievo, e  quello rispose "non so"; poi chiese a Judžin Kelemen, che pure non sapeva la risposta; poi disse: "E tu, Milan?" A volte c'era qualcosa che non sapevo neanch'io. "Ma come, neanche tu non lo sai?"  E mi ha punito a me, ma non loro. Quando son tornato a casa, ho detto: "Non andrò a scuola più. Non posso sopportarlo; ha rotto la verga su di me". "Oh, stai buono...” disse mia madre.  Così ho passato la quarta elementare...Poi i bambini d'Erzegovina arrivarono, che davano dettagli dei massacri fatti lì. 

-Lei deve spiegare questo: I "bambini d'Erzegovina"? 

Erano i bambini degli ustascia che si erano stabiliti nelle case serbe.  Zvonko era mio compagno di classe.  E giocavamo insieme.  A volte avevamo discussioni...  Sedevamo lì tra la nostra vigna e quella di mio nonno, che era stata data alla famiglia di Zvonko.  E lui disse: "Sai cosa? Potrei ucciderti così."  E strappò un filo d'erba. Era orrendo.

... Le cose cominciarono a cambiare ai primi de, '42. I partigiani cominciarono ad apparire, ma li chiamavano cetnici o serbo-cetnici.  

Arrestarono tutti gli uomini che potevano trovare, con la scusa che erano cetnici, anche se nessuno mai aveva visto cetnici nella regione di Bilogora. I nostri padri erano lì dal sedicesimo secolo. E tutti quelli che venivano espulsi li chiamavano cetnici. 

...Uno del Kulturbund [Associazione di Cultura Germanica] andò nella foresta per prendere legna. I cavalli son tornati, sapevano la strada per casa e ritornarono, portandolo a casa morto... Ora non potevano più andare a tagliar legna, tutti avevano paura... e noi avevamo paura che si vendicassero su di noi. 

...Geco Bogdanović uccise qualcuno qui e uccise qualcuno lì, e vennero ad arrestarlo, non so quanti di loro, 16 o 28... Mandarono un bambino come messaggero, con un foglio che diceva "Arrenditi, sei circondato."  ...Sparò al primo che vide... Geco ne vide un altro, e gli sparò pure. Poi un sergente dei gendarmi gli gettò dentro una granata, ma Geco la gettò fuori.  Dopo la guerra Geco era vivo ed era generale [nell'esercito].  E' riuscito a salvare la sua compagna e sua madre, che lui gettò fuori dalla finestra, e il bambino scappò con loro, e tutti fuggirono assieme in una tempesta di neve, prima che gli ustascia si potessero organizzare, perché i loro tre uomini feriti gridavano... e così diventò famoso, un eroe. 

...Ma c'era paura: "Ci massacreranno, questo è stato ucciso e un altro,"  I partigiani arrivarono... Mia madre mi disse: "Non una parola di questo, a nessuno!" 

C'era un Croato, Joško, che era sposato a una donna serba, diventò molto importante per noi; portava notizie. Comunque, arrivò il 27 settembre del 1942.  I partigiani attaccarono la città di Daruvar...non la conquistarono e all'alba si ritirarono... Poche ore dopo venne un gruppo di ustascia, ed entrarono nella parte alta della città e all'improvviso si cominciò a sparate, e noi pensavamo: "I partigiani devono averli aspettati su vicino al bosco." 

Ma dopo un po'--stavo seduto su un recinto, avevamo un giardino con fiori davanti alla casa--ho visto un gruppo che veniva dalla parte più alta della città.  Era un gruppo di donne, con il vecchio Lazo Bobić alla sua testa. Ne ho riconosciuto alcuni, c'era la nonna Grubić, e le ragazze dei Grga... Entrarono in una stradina... e poi cominciò una sparatoria... Son corso da mia sorella, mamma non era a casa, e le ho detto: "Devono aver ucciso le ragazze di Grga e la nonna Grubić e il nonno Lazo."  " Ma chi?" "Non hai sentito gli spari"? "Oh, via, perché dovrebbero ucciderli?" mi disse. 

[1] Il Re Alessandro di Iugoslavia ricompensò i combattenti del fronte di Salonicco, distribuindo terre confiscate  all'aristocrazia musulmana e austro-ungarica. 

[2] La scuola elementare allora durava quattro anni. 

[3] Bajmok è una città nella provincia serba di Voivodina, vicino al confine con Ungheria.  

[4] Un marchio tedesco ben reclamizzato di lucido per scarpe. 

[5]  I soldati serbi del fronte di Salonicco erano chiamati Solunci. 

[7] Jadovno significa "luogo di dolore" 

[9] Sembra che Ante Starčević, scrittore, studioso e politico dell'ottocento, chiamato in Croazia il Padre della Nazione,  iniziò l'usanza di cercare di insultare I Serbi chiamandoli Valacchi.  Uno strano insulto, visto che i Valacchi, Vlach in serbo-croato, sono una nazione illustre, nei Balcani prima dei Serbi, dei Croati, o dei Romani, discendenti di Traci, Daci, o illiri, che furono romanizzati.  Starčević pure propose la teoria che Ebrei e Serbi fossero "razze maledette". 

[10] "Marširala, marširala Kralja Petra garda" era una marcia serba che lodava il valore dei soldati di Re Pietro nella prima guerra mondiale.